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venerdì 12 dicembre 2014

La forza di accettare la vita


RESTA CON ME
di Elizabeth Strout
 
 
Anni 50, West Arinett, Maine. Il reverendo Tyler Caskey, bello e felice, sembra la perfezione incarnata e vibra di fervore religioso improntato alla positività: è coinvolgente, brillante e riempie la Chiesa e gli animi dei fedeli. Finché la sua bellissima moglie non muore, il legame con la figlioletta, ancora troppo giovane per affrontare il lutto da sola, si sfalda, e arriva la crisi di fede in una provincia bigotta, moralista e pettegola, uguale a tante altre...

Ma non tutto è perduto: si tratta solo di trovare la forza di accettare la vita anche nei suoi aspetti peggiori ed al contempo accettare se stessi e la propria debolezza, senza tuttavia rassegnarsi, affidandosi, più che ad un Dio lontano e distante, all'umanità, che è qui, che dipende da noi e da cui dipendiamo, che ci fa da specchio e ci riflette. Un umanità che è gretta, ma per un motivo, e che sotto la superficie sporca ha ancora del buono che chiede solo di poter emergere.

Un romanzo profondo, potente, che ti travolge con i suoi marosi emozionali, che analizza e scruta il sentimento e la fragilità dell'uomo, a livello individuale e collettivo (pur procedendo per particolari), ispezionando presente e passato, il detto e il taciuto, che insegna la compassione e l'amore, ma senza ostentare, quasi in silenzio, dando il tempo al lettore di far sua ogni difficoltà, ogni vincolo autoinflitto, mostrando, più che descrivendo.

Perché da un lato c'è il percorso di Tyler, di uomo e di religioso, fatto di discese e salite, di inciampi e comprensione, e in parallelo le reazioni della comunità, che è quella di West Arinett, ma anche quella degli uomini tutti: impietosa, sleale, meschina. Ma capace di imparare, e persino di crescere.

E scopriamo che il matrimonio di Tyler non era poi così splendido, e che sua moglie non era poi così invidiabile o meravigliosa... Procediamo a brandelli, e poi li intessiamo insieme, fino a che non iniziamo a scorgere figure e paesaggi. Quelli del cuore. Che non è mai semplice o monocromo, univoco o unidimensionale.

Un'opera malinconica, dunque, critica, ma pure ironica... e soprattutto luminosa, di quella luce vivificante, calda e commovente, di cui magari subito non ti accorgi, ma che, quando inizia ad ardere, non si spegne mai del tutto.

E, quindi, chi “Resta con me”?

Mia moglie, Dio, il concetto che rappresenta... o sono io stesso, o la mia comunità? Forse siamo tutti insieme...

Ho preferito questo romanzo al pur splendido “Olive Kitteridge”, mi ha dato di più, e di più mi è rimasto. E finalmente Mater mi ha restituito “I ragazzi Burgess”, che mi attira da mesi...

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